Non tutti i crediti vantati da Equitalia si prescrivono in 10 anni. In alcune ipotesi, infatti, il termine può essere ridotto a 5 anni, purchè originati da atti non definitivi. Pertanto, il termine ordinario di 10 anni si applica solamente alle cartelle che derivano da accertamenti divenuti irrevocabili, o perché non impugnati né pagati dal contribuente, o a seguito di sentenza passata in giudicato.
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Cartelle esattoriali intelligibili: La Commissione Tributaria dà ragione al contribuente.
Per i Giudici Tributari di Lecce (sentenza n. 620 del 26/02/2016) è necessario che la cartella di pagamento sia intelligibile in relazione alla capacità di comprensione dell’uomo medio: la conoscenza dei tassi di interesse e della percentuale relativa al compenso di riscossione costituisce patrimonio di un tecnico in materia tributaria e non certamente del cittadino – uomo medio.
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Cartelle illeggittime se notificate oltre i termini.
Equitalia: Inesistente la notifica della cartella esattoriale effettuata tramite poste private.
Per la Commissione Tributaria Regionale per la Sicilia deve considerarsi inesistente e non sanabile la notifica della cartella di pagamento per il tramite di poste private.
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Cartelle Equitalia: Nulle quelle notificate dopo il 2008.
DEBITI TRIBUTARI: TERMINI DI PRESCRIZIONE
Superato un certo periodo di tempo i debiti fiscali si considerano annullati, ma quali sono itermini di prescrizione per i vari tributi? Vediamo quando è possibile considerare non più esigibile il pagamento delle cartelle esattoriali relative ai principali tributi, quali IRPEF, IRAP, IVA, IMU, TARI, TASI, canone RAI, multe e contributi previdenziali.
Decadenza e prescrizione
Prima di tutto bisogna distinguere tra decadenza della cartella di pagamento e termini di prescrizione. Il concetto giuridico di decadenza si riferisce alla sanzione prevista per non aver esercitato un’azione necessaria per acquisire un diritto. La prescrizione rappresenta invece una sanzione per l’Ente di riscossione per non aver esercitato un diritto nei termini.
In termini di riscossione delle cartelle di pagamento questo significa che l’Ente di riscossione, come Equitalia, decade dall’azione di riscossione relativamente ai termini di notifica della cartella se entro determinati termini non notifica alcun atto (avviso o cartella). In questo caso, tuttavia, se il diritto non è ancora prescritto, il credito può comunque essere preteso in via giudiziaria per mezzo di un’azione davanti al giudice. In sostanza, a decadere non è il diritto di credito ma il diritto di Equitalia ad agire mediante riscossione. Diversamente quando una cartella Equitalia cade in prescrizione, ad essere estinta non è solo l’azione, ma anche il diritto: un credito prescritto si considera estinto.
Prescrizione decennale
I termini di prescrizione sono di 10 anni nel caso in cui i crediti siano stati accertati dal giudice con sentenza passata in giudicato.
Contributi
Per quanto riguarda i contributi previdenziali INPS, i contributi INAIL e i contributi Fondo pensioni lavoratori dipendenti e altre gestioni pensionistiche obbligatorie, incluso il contributo di solidarietà di cui all’articolo 9-bis, comma 2, del decreto-legge n. 103/1991 i termini di prescrizione sono regolati dalla Legge 335/1995 e variano in base al periodo di riferimento:
- 10 anni per contributi anteriori al 1 gennaio 1996;
- 10 anni in caso di mancato versamento dei contributi denunciato dal lavoratore o dai suoi eredi aventi diritto;
- 5 anni per i contributi successivi al 1 gennaio 1996.
I contributi minori (DS, TBC, ENAOLI, SSN etc) e quelli dovuti da artigiani, esercenti attività commerciali e lavoratori autonomi iscritti alla Gestione Separata cadono in prescrizione dopo 5 anni. Per le somme aggiuntive, ovvero per le sanzioni applicate in caso di ritardato o mancato versamento dei contributi, il termine di prescrizione è di 10 anni, come precisato dalla Corte di Cassazione con le sentenze n. 14152/2004 e n. 18148/2006.
IRPEF, IRAP, IVA
IRPEF, IRAP e IVA si prescrivono secondo i termini ordinari di 10 anni, non essendo prevista alcuna norma specifica. Interpretazione confermata anche dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 4283/2010.
IMU, TARI, TASI
Anche per i tributi locali, come IMU, TARI e TASI, in realtà esiste una norma specifica in tema di termini di prescrizione, dunque si applica l’articolo 2948, n. 4 del Codice Civile il quale sancisce la prescrizione in 5 anni di tutto ciò che viene pagato periodicamente. Interpretazione confermata sempre dalla Corte di Cassazione con la sentenza n. 4283/2010.
Multe e bollo auto
Le multe per violazione del codice stradale si prescrivono in 5 anni decorrenti dal giorno in cui è stata commessa l’infrazione (art. 209 cod. della strada e art. 28 della Legge n. 689/1981). Per il mancato versamento del bollo auto la prescrizione è invece fissata a 3 anni decorrenti dal terzo anno successivo a quello a cui si riferisce il pagamento (art. 5 del D.l.953/82, così come modificato dall’art.3 del D.l. 2/86 convertito nella legge 60/86).
Canone RAI
Il canone RAI si considera prescritto dopo 10 anni a partire dalla fine di gennaio dell’anno in cui sarebbe dovuto essere corrisposto (Cassazione, sentenza n. 18432/ 2005).
Diritti Camera di Commercio
Anche per i diritti annuali Camera di Commercio non esiste una norma specifica che stabilisce il termine di prescrizione e pertanto vanno applicati i termini ordinari di 10 anni previsti dal’articolo 2946 del Codice Civile, anche se alcune interpretazioni tendono ad applicare il termine dei 5 anni,trattandosi di un tributo periodico (CTR Roma sent. n. 544/1/2010 e CTR Ferrara 523/2013). Cinque anni, invece, i termini di prescrizione per le sanzioni per omesso o ritardato versamento.
Fonte: www.pmi.it
MIGLIAIA DI CARTELLE EQUITALIA NEL MIRINO DELLA CORTE COSTITUZIONALE
Ci siamo. Ormai è questione di poco. I giorni che verranno decideranno la sorte di migliaia di avvisi di pagamento inviati dall’Agenzia delle Entrate e, di conseguenza, delle relative cartelle esattoriali emesse da Equitalia a seguito del mancato pagamento dei primi. Perché il famoso scandalo, evidenziato a tutti dalla sentenza del Consiglio di Stato n. 5451/2013 del 18.11.2013 , secondo cui ben 767 funzionari (su un totale di 1.143: più della metà!) dell’Agenzia delle Entrate avrebbe acquisito la carica di dirigente senza un pubblico concorso, e quindi avrebbe firmato gli atti fiscali senza averne i poteri, è finalmente giunto al suo capitolo conclusivo: la sentenza della Corte Costituzionale da tutti tanto attesa per stabilire il destino di case, conti correnti, pensioni e stipendi.
Ma facciamo un passo indietro per capire cosa è successo un anno e mezzo fa circa.
Detto in estrema sintesi, per supplire alla carenza di organico dirigenziale, l’Agenzia delle Entrate, qualche anno fa, aveva deciso di “promuovere” alla qualifica di dirigente ben 767 funzionari, senza prima averli sottoposti a un concorso pubblico, per come invece prescrive la nostra Costituzione (“agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si accede mediante concorso”(Art. 97 Cost).
Di tanto si erano accorti sia il Tar Lazio (sent. n. 07636/2011) che la Commissione Tributaria di Messina (sent. n. 128/2013) che avevano bloccato le suddette nomine a dirigenti. Risultato: migliaia di atti firmati dai “falsi dirigenti” (o meglio, “non correttamente nominati”), e le conseguenti cartelle esattoriali di Equitalia, erano da considerarsi completamente nulli o, addirittura, inesistenti, avendo trovato il loro presupposto in un soggetto privo di qualsiasi potere. Un vero e proprio terremoto.
Per arginare la falla, il Governo è ricorso alla consueta arma che, in casi come questi, viene sfoderata d’urgenza: la sanatoria. Così, il decreto legge 16/2012 (convertito nella legge n. 44/2012) ha concesso, retroattivamente, all’Agenzia delle Entrate il potere di attribuire, a proprio piacimento ed in barba alla stessa Costituzione, incarichi dirigenziali ai propri funzionari (con contratti di lavoro a tempo determinato, la cui durata è fissata in relazione al tempo necessario per la copertura del posto vacante tramite concorso). Insomma, in attesa del maxi-concorso tutte le nomine dovevano ritenersi valide.
La cosa è puzzata fin troppo, sia alle associazioni di tutela dei consumatori che agli stessi colleghi dei “prescelti”. La pentola dello scandalo, del resto, era stata ormai scoperchiata. E così, la questione è finita al Consiglio di Stato che, sospettando la legge di sanatoria di incostituzionalità (appunto per violazione dell’obbligo del concorso pubblico) ha rinviato la patata bollente alla Corte Costituzionale con Ordinanza di rimessione n. 9/2014.
Corte costituzionale che ha discusso la causa, in pubblica udienza, qualche giorno fa.
La sentenza verrà resa nota a stretto giro. Ma, nel frattempo, è possibile fare qualche proiezione.
Certamente, se la Consulta riterrà che la questione di costituzionalità è infondata, non ci sarà più nulla da fare e i contribuenti che hanno ricevuto le cartelle di Equitalia e, ancora prima, gli atti dell’Agenzia delle Entrate firmati dai “falsi dirigenti” dovranno rassegnarsi a pagare.
Viceversa, se il decreto legge verrà dichiarato incostituzionale, la conseguenza è facilmente intuibile ed, anche, per certi versi, sconvolgente. Infatti, secondo il consolidato orientamento sposato dalla Cassazione e dai tribunali di tutta Italia, gli atti fiscali sono nulli (alcuni tribunali, addirittura, parlano di “inesistenza”) se firmati da chi non aveva il potere per farlo. E dunque, chi non ha ancora pagato potrà fare ricorso al giudice per ottenere l’annullamento della richiesta di pagamento. Lo potrà fare anche chi ha chiesto o ha già avviato una rateazione. In passato abbiamo pubblicato anche la formula da inserire nel ricorso per chiedere la nullità della cartella.
E se sono scaduti i termini per impugnare?
In verità, stando all’orientamento (maggioritario) che ritiene gli atti privi di firma “inesistenti”, questo non dovrebbe essere un problema, in quanto si tratterebbe di una nullità non sanabile neanche con il decorso dei termini. Ovviamente, però, ogni tribunale ha la sua interpretazione.
Come faccio a sapere se il mio atto è firmato da un falso dirigente?
Per evitare un ricorso “alla cieca” contro la cartella esattoriale, bisogna innanzitutto verificare che la stessa abbia come presupposto un pagamento chiesto dall’Agenzia delle Entrate e non da altre amministrazioni. Poi bisognerebbe avere la certezza che l’atto a monte sia stato notificato da uno dei falsi dirigenti. Tuttavia l’elenco dei dirigenti privi di potere non è mai stato diffuso ufficialmente. Il contribuente potrebbe tentare di superare l’ostacolo depositando una istanza di accesso agli atti amministrativi e chiedendo di verificare la documentazione inerente alla carriera del dirigente firmatario.
Fonte: www.laleggepertutti.it
CARTELLE EQUITALIA INEVASE: SALVI SOTTO I 300 EURO.
Per le vecchie cartelle Equitalia di importo inferiore ai 300 euro arriva lo stop ai controlli. Questo significa che le cartelle Equitalia non riscosse entro il limite di 3 anni verranno cancellate automaticamente, a patto che il loro importo non superi i 300 euro.
Vecchie cartelle Equitalia
Si tratta di una delle novità introdotte dalla Camera, con un emendamento alla Legge di Stabilità, al nuovo “piano di gestione” degli arretrati di Equitalia. Il provvedimento, per ora passato sotto silenzio, riguarda il 70% dei debiti ancora non saldati a livello di riscossione locale (anche se si tratta di una fetta minima del totale dei debiti maturati con l’Erario). Importante notare che non verrà considerata la sommatoria delle cartelle ricevute ma il singolo importo, ovvero l’articolo 2 comma 52 della Legge di Stabilità stabilisce il limite dei 300 euro di valore unitario sotto il quale le cartelle “non sono assoggettate al controllo“.
Calendario controlli
In sostanza oggi, ogni 3 anni, l’Agente di riscossione comunica agli Enti creditori (Erario, INPS, Comuni ed enti territoriali) i debiti che non è riuscito a riscuotere, quindi gli Enti dovranno procedere a cancellare l’entrata dal bilancio segnandola come “perdita”, ovviamente dopo aver verificato che Equitalia abbia effettivamente fatto il possibile per il recupero delle somme in questione. A tale controllo triennale sono tuttavia state concesse nel tempo numerose proroghe, rimandando una notevole quantità di verifiche di cartelle inesigibili: centinaia di milioni di cartelle esattoriali per un valore complessivo di 545 miliardi di euro. L’ultima proroga scadrà il prossimo 31 dicembre 2014 così, a partire dal 1° gennaio 2015 gli Enti creditori saranno chiamati a verificare un innumerevole quantità di cartelle inesigibili, con il rischio di paralizzare le altre attività.
Il calendario di controlli approvato alla Camera ha quindi previsto di gestire prima i controlli sulle cartelle più recenti e poi quelle più vecchie: entro il 2017 Equitalia dovrebbe trasmettere a Erario, INPS ed Enti territoriali i ruoli nati nel 2014 per poi procedere con gli anni precedenti. La scelta di limitare i controlli ai debiti sotto i 300 euro nasce dunque dall’esigenza di dare maggiore respiro all’attività di verifica degli Enti. Perché il provvedimento diventi definitivo è tuttavia necessario il via libera del Senato.
Fonte: www.pmi.it