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AVVISO DI ACCERTAMENTO E CARTELLA ESATTORIALE: CASI DI NULLITA’

Se manca la firma del direttore dell’ufficio dell’Agenzia delle Entrate l’avviso di accertamento è nullo e, con esso, anche la conseguente cartella esattoriale emessa da Equitalia.

L’atto si salva dal vizio solo se, pur firmato da un sostituto del direttore, a quest’ultimo sia stata conferita l’esplicita delega del capo ufficio: delega che va prodotta al cittadino qualora (presentando una istanza di accesso agli atti) ne chieda l’esibizione.

Non è tutto. Fate ben attenzione a cosa vi viene mostrato. Infatti, deve trattarsi di una delega in senso stretto e non di atti simili. Non basta, per esempio, il semplice “ordine di servizio” a supplire alla delega. Esso non è una vera e propria delega e non rende valido l’atto.

A chiarirlo è stata la Commissione Tributaria Provinciale di Frosinone con la sentenza n. 636 del 07.01.2015 con cui è stato accolto il ricorso di una contribuente a cui è stato annullato l’atto impositivo notificatole dall’Agenzia delle Entrate.

Secondo i giudici tributari, la sottoscrizione del direttore dell’ufficio territoriale è essenziale proprio ai fini dell’esistenza dell’atto di accertamento (trattandosi di atto di natura provvedimentale a carattere tributario dal contenuto decisorio).
Non qualsiasi firma apposta all’atto, può ritenersi sufficiente a integrare gli estremi della “sottoscrizione” e neanche il fatto che colui che abbia firmato l’atto sia incardinato all’interno dell’ufficio di provenienza, anche se con qualifica di dirigente. C’è invece bisogno della sottoscrizione del capo dell’ufficio o, in mancanza, della sua esplicita delega.

Se manca tale requisito, l’atto è inesistente.

E, per ovvie ragioni, inesistenti sono anche tutti gli altri atti emessi sulla scorta del primo. Quindi, anche le relative cartelle esattoriali di Equitalia.

Nel caso di specie, l’atto impugnato risulta firmato dal Capo Area Imprese autorizzato da atto di servizio del Direttore Provinciale, allegato alle controdeduzioni dell’Ufficio.
Nella sentenza si specifica che l’ordine di servizio non costituisce una valida delega proprio per via della diversa natura giuridica di questi due atti.
Infatti:   – da un lato, la delega ha la funzione di autorizzare specificamente l’esercizio dei poteri del delegante al delegato;   – dall’altro lato, l’ordine di servizio è, invece, una semplice disposizione interna diretta a disciplinare l’esplicazione dei servizi di istituto e a regolare la ripartizione dei compiti del personale dipendente.

Non è delega, in senso tecnico, la disposizione con cui il titolare di un ufficio ripartisce fra i propri dipendenti le mansioni che ciascuno deve svolgere: questa ripartizione interna di compiti, infatti, non comporta alcuna deroga esterna alla competenza, laddove la delega, invece, ha rilevanza esterna.

Risultato: non essendo l’ordine di servizio una delega, l’atto impositivo è nullo e, con esso, tutti i seguenti atti, anche le cartelle di Equitalia qualora il debito, non pagato, sia stato successivamente iscritto a ruolo.

Fonte: www.laleggepertutti.it

Nulla la Cartella esattoriale priva di motivazione

La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 15188 del 18 giugno 2013 interviene in materia di riscossione in particolare sull’emissione della cartella di pagamento in seguito alla comunicazione di cui all’art. 36 36 bis del dpr n.600/1973 o 54 bis del dpr n.633/1972.

Gli Ermellini hanno statuito che “la cartella di pagamento costituisce l’atto con il quale il contribuente viene a conoscenza per la prima volta della pretesa fiscale e come tale deve essere adeguatamente motivata, nonché della puntualizzazione desumibile dal principio, successivamente affermato, secondo cui “La cartella esattoriale deve contenere indicazioni sufficienti a consentire alla contribuente l’agevole identificazione della causale delle somme pretese dall’Amministrazione Finanziaria ed erroneamente il Giudice di merito afferma < l’equipollenza tra la corretta indicazione di tali elementi nell’atto impugnato e la conoscenza che, di fatto, di essi abbia avuto il contribuente>, giacché nessuna equipollenza assume rilievo, essendo piuttosto necessario il corretto adempimento dell’obbligo di motivazione del ruolo e della cartella” (Cass. N.11466/2011).”

Nel caso di specie si è avuto una contrapposizione tra l’Agenzia delle Entrate e una società sulla“carenza di motivazione” della cartella di pagamento, carenza rilevata dai giudici tributari, tanto da condurli a dichiarare “la nullità dell’atto”.

La carenza della motivazione, alla luce di quanto sopra scritto, viene condivisa anche dai giudici della Cassazione, i quali, rigettando il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, considerano acclarate le lacune nel “contenuto motivazionale della cartella”, evidenziandone il peso, in negativo per il Fisco. E questa omessa comunicazione non può essere resa meno rilevante da una presunta “conoscenza di fatto”, da parte del contribuente, degli elementi centrali della “cartella di pagamento”.

Cartella esattoriale anche senza comunicazione preventiva

La cartella di pagamento emessa nei confronti di un contribuente sottoposto a controllo fiscale può essere valida anche se non è stata preceduta da comunicazione bonaria. Quest’ultima è obbligatoria solo se dal controllo emergono errori o irregolarità commesse, ma non nei casi di ritardato o omesso pagamento di tasse dirette o IVA. Lo stabilisce la Cassazione, confermando un principio altre volte stabilito (es.: sentenza 23 maggio 2012, n. 8137).

Cartella senza notifica

Il caso riguarda una cartella esattoriale emessa nei confronti di una società per mancato versamento all’Agenzia delle Entrate di imposte IVA, IRPEG e IRAP. La Commissione Tributaria Provinciale prima e Regionale poi, avevano in parte accolto il ricorso perché la mancanza di una comunicazione preventiva al contribuente prima di inviare una cartella esattoriale non consente di avvalersi della definizione agevolata.

Il caso

L’Agenzia delle Entrate ha tuttavia opposto ricorso in Cassazione e ha vinto: la Suprema Corte ha ribadito quanto già previsto con la sopra citata sentenza del 2012, ricordando che l’emissione della cartella di pagamento, con le modalità previste dagli articoli 36-bis, comma 3, del Dpr 600 del 1973 (in materia di tributi diretti) e 54-bis, comma 3, del Dpr 633 del 1972 (in materia di IVA), non è condizionata alla preventiva comunicazione dell’esito del controllo al contribuente. A meno che dal controllo non emergano errori nella dichiarazione.

La motivazione

Le cartelle emesse sulla base di indicazioni fornite dal contribuente in sede di dichiarazione dei redditi non necessitano di ulteriori, preventive, comunicazioni. In parole semplici, se il contribuente omette o ritarda pagamenti che lui stesso ha dichiarato di dover effettuare è evidentemente a conoscenza della pretesa tributaria a suo carico. E’ la cartella stessa, in questo caso, a rappresentare la comunicazione al contribuente, in applicazione dell’articolo 36 bis del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (Dpr 600/2973), in base al quale «gli uffici delle imposte procedono alla liquidazione delle imposte dovute in base alle dichiarazioni presentate dai contribuenti e dai sostituti d’imposta, nonché dei rimborsi eventualmente spettanti in base ad esse, sulla scorta dei dati e degli elementi direttamente desumibili dalle dichiarazioni stesse e dai relativi allegati».

Fonte: www.pmi.it